Psicoanalisi e Cure Infantili
Durante l'aprile e il maggio dei 1956, nel corso delle celebrazioni per il centenario della nascita di Freud, i membri della British Psychonalytical Society tennero a Londra sei conferenze pubbliche su "La Psicoanalisi e pensiero contemporaneo". John Bowlby due anni più tardi pubblicò la sua conferenza.

Forse
nessun altro settore del pensiero contemporaneo mostra l'influenza
dell'opera di Freud più chiaramente di quello che riguarda l'educazione
infantile. Anche se si è sempre saputo che il bambino è il padre
dell'uomo e che l'amore materno è indispensabile per lo sviluppo
infantile, prima di Freud queste antiche verità non erano mai state
oggetto di ricerca scientifica. Freud non solo ha ribadito l'evidenza
del fatto che le radici della nostra vita emotiva risiedono
nell'infanzia e nella prima infanzia, ma ha anche tentato di esplorare
in Modo sistematico il rapporto fra eventi dei primi anni e struttura e
funzione della personalità adulta.
Sebbene, come è noto, le formulazioni di Freud abbiano incontrato molte
opposizioni quando eminenti psichiatri sostenevano che non esistevano
prove del fatto che gli eventi dei primi anni di vita hanno
un'importanza fondamentale per la salute mentale oggi molti dei suoi
assunti basilari vengono dati per scontati. Convinzione che il bambino
infelice diventa un adulto nevrotico e infelice" e quanto sia importante
il comportamento di coloro fra cui il bambino cresce; ... e in
particolar modo, nei primissimi anni, il comportamento della madre"
trovano eco anche nelle pubblicazioni di Whitehall.
Lo Home Office (1955), nel descrivere l'operato del suo Dipartimento Infantile, rileva che "le esperienze passate del
bambino rivestono un ruolo vitale per il suo sviluppo e continuano ad
influenzarlo..." e consiglia: "Lo scopo dovrebbe essere quello di
garantire quanto più possibile che ogni bambino riceva cure regolari
sempre dalla stessa persona". Esiste infine un rapporto steso da una
commissione incaricata dal Ministro della Pubblica Istruzione, che
tratta in modo esauriente i vari problemi del bambino disadattato
(Ministero della Pubblica Istruzione 1955).
La relazione si basa su affermazioni quali: "Le attuali ricerche
indicano che le influenze più formative sono quelle sperimentate dal
bambino prima dell'età scolare, e che fin da quel periodo si delineano
degli atteggiamenti che influenzeranno in modo determinante la globalità
dello sviluppo successivo e: "Se un bambino è sereno e sicuro in questo
periodo (tarda infanzia) o infelice e non in armonia con la società e i
suoi compiti, ciò dipende in gran parte da un fattore, e cioè
dall'adeguatezza delle prime cure che ha ricevuto.
Almeno per quanto riguarda alcuni dei problemi fondamentali
dell'educazione infantile, vi è oggi un certo accordo fra gli
psicoanalisti e coloro che ne sono influenzati. Tutti, ad esempio,
concordano sull'importanza vitale di un solido e continuo rapporto con
una madre affettuosa (o con chi ne fa le veci) durante tutto il periodo
neonatale ed infantile e sulla necessità di attendere una maturazione
prima di sperimentare interventi come lo svezzamento o l'educazione alle
abitudini igieniche o qualsiasi altra tappa dell'"educazione" del
bambino.
Su altri argomenti, comunque, esistono opinioni divergenti. e tenendo
conto della relativa novità dello studio scientifico di questi problemi e
della loro complessità, sarebbe strano che non fosse così. Ciò confonde
e rende spesso perplessi i genitori, in particolar modo quelli che
"vogliono vivere nella certezza". Come sarebbe più semplice per tutti
noi conoscere tutte o almeno alcune risposte al problema di come
allevare i nostri figli! Tuttavia la psicoanalisi ci ha fornito alcune
certezze e inoltre, cosa forse ancor più importante, ci ha indicato un
modo utile per inquadrare i problemi dell'educazione infantile e per
cercare di comprenderli maggiormente.
L'ambivalenza e la sua regolazione
Donald Winnicott nella sua relazione su Psicoanalisi e senso di colpa ha trattato il ruolo vitale, nello sviluppo umano, dello sviluppo di una normale capacità di vivere il senso di colpa.
Egli ha messo in chiaro il fatto che la capacità di esperire il senso
di colpa è un attributo necessario per una persona sana. Anche se
spiacevole, come il dolore fisico e l'angoscia, esso è biologicamente
indispensabile.
Winnicott ha poi descritto me la capacità di esperire il senso di colpa
"implichi la tolleranza dell'ambivalenza" e un'accettazione delle
responsabilità che comportano l'amore e l'odio. Questi temi, derivati in
gran parte dall'influenza di Melanine Klein, hanno rappresentato uno
dei maggiori poli d'interesse degli analisti inglesi. Bisogna discutere,
ancora una volta, il ruolo dell'ambivalenza nella vita psichica -
questa "sconveniente" tendenza che tutti abbiamo ad arrabbiarci con e a
volte ad odiare proprio le persone a cui teniamo maggiormente - ed
esaminare i metodi di educazione infantile che facilitano od ostacolano
la capacità del bambino di regolare in modo maturo e costruttivo tale
conflitto. A tal fine ritengo che no dei principali criteri per uno dei
criteri per giudicare il valore dei vari metodi di educazione infantile
consista nel valutare gli effetti positivi o negativi che hanno sullo
sviluppo della capacità del bambino di regolare il conflitto fra amore e
odio la conseguente capacità di esperire in modo normale angoscia e
colpa.
Vediamo ora di analizzare brevemente le concezioni di Freud relative al
tema dell'ambivalenza. Degli innumerevoli argornenti che ricorrono
nella sua opera nessuno è più chiaro e ricorrente di quello in esame. I
primi segni della sua apparizione si trovano agli albori della
psicoanalisi.
Nell'indagine sui sogni Freud (1900) si rese conto che un sogno in cui
muore una persona cara indica spesso l'esistenza di un desiderio
inconscio che la persona in causa muoia, rivelazione, questa, che se
oggi ci sorprende meno di quando fece la sua comparsa, non è
probabilmente meno difficile da accettare ora. Cercando l'origine di
questi desideri sgraditi Freud rivolse la sua attenzione alla vita
emotiva dei bambino e avanzò quella che - per quei tempi - l'audace
ipotesi secondo cui, nei nostri primi anni di vita, è una regola non
un'eccezione l'essere spinti verso fratelli e genitori da sensazioni di
Odio e ira, così come di amore e sollecitudine. Proprio in questo
contesto che Freud per primo presentò al mondo quelli che sono ora i
temi ormai familiari della rivalità fraterna e della gelosia edipica.
Pochi anni dopo la pubblicazione della sua opera sui sogni, l'interesse
per la sessualità infantile condusse Freud a porre in secondo piano,
nei suoi scritti, il tema dell'ambivalenza. Esso riappare comunque nel
1909 quando, in un saggio sulla nevrosi ossessiva, Freud ricorda che "in
ogni nevrosi ritroviamo nascosti dietro ai sintomi i medesimi istinti
"...odio tenuto celato nell'inconscio dall'amore...".
Qualche
anno dopo, per evidenziare il significato preciso di questo conflitto,
Freud 1912) introdusse il termine ambivalenza. che era stato da poco
coniato da Bleuler.
Il significato clinico che Freud attribuì all'ambivalenza si riflette
nelle sue costruzioni teoriche. Nella prima delle sue due principali
formulazioni egli postula che il conflitto intrapsichico possa situarsi
fra gli istinti sessuali e gli istinti dell'Io. Dato che a quel tempo
riteneva che gli impulsi aggressivi fossero una parte degli istinti
dell'Io, poteva affermare che gli "istinti sessuali e quelli dell'Io
originano ben presto un'antitesi equiparabile a quella di odio e amore
(1915).
Il medesimo conflitto di base è individuabile nella seconda delle sue
formulazioni, che riguarda., il. conflitto fra. istinti di vita e di
morte. In questa definizione notiamo come l'ambivalenza riscontrata
pazienti nevrotici sia mancata realizzazione del processo di fusione
degli istinti di vita e di morte o ad una successiva rottura di tale
fusione e cioè a una defusione (1923). Ancora una volta, dunque, egli
identifica come problema essenziale, sia a livello clinico che teorico,
la comprensione di come il conflitto fra odio e amore possa giungere ad
essere regolato in modo più o meno soddisfacente.
I giudizi sui meriti di queste formulazioni metapsicologiche di Freud
variano e continueranno a variare per molti decenni. A volte mi sono
chiesto se le controversie teoriche suscitate da queste critiche e il
linguaggio astratto in cui venivano espresse non avessero teso ad
oscurare l'assoluta evidenza e semplicità del conflitto da cui è
oppressa l'umanità, quello cioè di incollerirsi con e desiderare di far
del male proprio alla persona più cara. E' questa una disposizione
universale che ha sempre occupato una posizione di primo piano nella
teologia cristiana e che ci è ben nota da frasi familiari come "mordere
la mano a chi ci dà da mangiare" e "sacrificare l'oca dalle uova d'oro.
Grazie a Freud il significato del conflitto umano , è stato nuovamente
analizzato e grazie a lui per la prima volta è divenuto oggetto di
un'indagine scientifica. Sappiamo che la paura e il senso di colpa che
derivano da questo confitto sono all' origine di molti disturbi
psicologici, e sappiamo anche che l'incapacità di far fronte alla paura e
alla colpa è causa di molti disturbi caratteriali, compreso un
comportamento delinquenziale persistente. E' utile fare riferimento a
quei concetti quotidiani come odio e amore, ed il conflitto inevitabile
quando questi sentimenti sono diretti verso la stessa persona.
Sarà chiaro, allora, che le tappe attraverso cui passa il bambino per
giungere a regolare la propria ambivalenza sono d'importanza critica per
lo sviluppo della sua personalità. Se tale sviluppo avrà un corso
positivo il bambino non solo crescerà consapevole dell'esistenza in sè,
di impulsi contraddittori, ma sarà anche in grado di dirigerli e
controllarli, e pertanto l'angoscia e i sensi di colpa che essi causano,
diverranno sopportabili. Se invece tale sviluppo sarà meno positivo
egli verrà sopraffatto dagli impulsi, sui quali sentirà di non riuscire
ad avere un controllo adeguato; ciò farà insorgere in lui una forte
angoscia e lo porterà a temere le punizioni che crederà di meritarsi.
Questa. condizione è pericolosa perché conduce la personalità a
ricorrere a una serie di espedienti che creano più problemi di quanti
non ne risolvano. La paura del castigo per esempio, temuto come
conseguenza di atti ostili - ed anche di intenzioni ostili, visto che
per un bambino non è facile distinguere chiaramente l'intenzione
dall'atto - porta spesso a una maggiore aggressività. E così, in alcuni
casi, riscontriamo che un bambino agisce basandosi sulla convinzione che
l'attacco sia per lui la miglior difesa. Nello stesso modo la colpa può
generare una compulsiva richiesta di rassicurazione e di dimostrazioni
d'affetto e, nel caso queste richieste non trovino riscontro, ciò
genererà ancora odio e quindi un ulteriore senso di colpa. Questi
circoli viziosi si verificano quando la capacità di regolare odio e
amore non ha uno sviluppo positivo.
Inoltre, quando un bambino non ha fiducia nelle sue possibilità di
controllo dei propri impulsi minacciosi, c'è il rischio che utilizzi
inconsapevolmente espedienti psichici primitivi i, e spesso inefficaci
atti a proteggere i suoi oggetti d'amore dal pericolo, e se stesso dalla
paura di un conflitto che appare irrisolvibile con altri mezzi. Questi
espedienti psicologici, che comprendono la repressione di una o di
entrambe le componenti del conflitto a volte l'odio, a volte l'amore, a
volte tutti e due - cioè lo spostamento, la proiezione,
l'iper-compensazione e molti altri, hanno un elemento in comune: invece
di far sì che il conflitto si manifesti e venga trattato per quel che è,
tutti questi meccanismi di difesa fungono solo da evasioni e negano
l'esistenza del conflitto stesso Non c'è da meravigliarsi quindi che
siano così inefficaci!
Prima di arrivare al nostro tema principale - le condizioni che
favoriscono o ritardano nel bambino lo sviluppo della capacità di
regolare il conflitto - voglio sottolineare che il conflitto non ha
niente di patologico, ma piuttosto è vero il contrario: il conflitto è
una dimensione normale ciascuno di noi. Ogni giorno riscopriamo che se
scegliamo una certa linea di condotta, dobbiamo rinunziare ad altre
altrettanto desiderate; scopriamo, infatti, che non possiamo avere la
botte piena e la moglie ubriaca. Ogni giorno ci troviamo di fronte al
compito di decidere tra gli opposti interessi che dimorano in noi e di
regolare i conflitti tra impulsi inconciliabili. Altri animali hanno lo
stesso problema. Lorenz (1956) riferisce che nel passato si riteneva che
solo l'uomo fosse soggetto ad impulsi conflittuali, mentre ora sappiamo
che i animali sono tutti gli costantemente sottoposti ad impulsi
incompatibili come ad esempio l'attacco il volo e l'approccio sessuale.
Il corteggiamento del pettirosso ce ne fornisce un esempio. Il maschio e
la femmina del pettirosso sono di aspetto simile, entrambi col petto
rosso. In primavera il pettirosso maschio delimita un proprio territorio
e tende ad attaccare ogni intruso che abbia il petto rosso. Ciò
significa che quando una potenziale compagna entra nel suo territorio,
il primo impulso è di attaccarla, e il primo impulso della femmina è di
fuggire. Solo quando essa si fa più riservata gli impulsi ostili del
maschio vengono inibiti ed iniziano le risposte di corteggiamento. In
questa prima fase del corteggiamento, dunque, entrambi i sessi sono in
situazione di conflitto, il maschio diviso tra la tendenza ad attaccare e
l'approccio sessuale, la femmina fra l'amoreggiamento e la fuga.
Tutte le recenti ricerche di psicologia e biologia hanno dimostrato in
modo inconfutabile che il comportamento delle altre specie animali o
dell'uomo stesso, è il risultato di un conflitto pressoché continuo fra
impulsi contrastanti, e che quindi né l'uomo come specie, né l'individuo
nevrotico come sottogruppo patologico hanno la prerogativa conflitto.
Ciò che caratterizza la malattia psichica è l'incapacità di regolare i
propri conflitti in modo soddisfacente.
Condizioni che presentano particolari difficoltà
Cosa sappiamo, quindi, delle condizioni che presentano particolari
difficoltà? Non c'è dubbio che una delle principali Caratteristiche del
conflitto - e che ne rende difficile la regolazione - sia la vastità
delle sue componenti In caso dai ambivalenza, se l'impulso ad ottenere
soddisfacimento libidico o quello a far del male e distruggere la
persona amata sono particolarmente forti, il problema della regolazione
del conflitto diverrà sicuramente maggiore.
Freud comprese ciò fin dall'inizio. Ben presto nel suo lavoro abbandonò
l'idea che fosse l'esistenza o la natura dei conflitti esperiti a
differenziare l'individuo mentalmente sano da quello malato; suggerì
invece che la differenza poteva essere data dal fatto che negli
psiconevrotici si riscontrano sentimenti ingigantiti di amore e di odio
per i genitori che nella maggior parte dei bambini si riscontrano meno
frequentemente e meno intensamente (1900).
Questa ipotesi è stata ampiamente confermata a livello clinico.
Un'indicazione per l'educazione infantile, quindi, è di comportarsi con
un bambino in modo che nessuno dei due impulsi che mettono in pericolo
la persona amata - desiderio libidico e odio - diventi troppo forte.
Questa soluzione è possibile nella maggior parte dei bambini a patto che
abbiano genitori affettuosi. Se. un bambino può contare sull'affetto e
sulla presenza della madre e ben presto anche del padre crescerà,, senza
essere sottoposto ad un eccessivo desiderio libidico e senza una
spropositata tendenza all'odio Al contrario, se non avrà tutto ciò, è
probabile che il suo desiderio libidico diverrà intenso e perciò egli
sarà portato a cercare costantemente amore e affetto e a odiare coloro
che non si curano, o che a lui sembra che non si curino, di
garantirglieli.
La prepotente necessità di amore e sicurezza del bambino è ora ben
nota, dobbiamo avere l'accortezza di rispettare le sue necessità e di
comprendere che il negarle conduce spesso ad eccessive richieste
libidiche e ad una propensione all'odio che può essere causa di grosse
difficoltà sia per lui che per noi.
Il ruolo delle donne è cambiato, ha portato con sé delle tensioni il
problema di conciliare le esigenze contrastanti della famiglia e della
carriera.
Consideriamo cosa accade quando, per qualsiasi ragione, i bisogni del
bambino non vengono soddisfatti in modo adeguato e nel momento giusto.
Lo studio degli effetti patologici derivanti dalla separazione dei
bambini dalle madri, quando avevano sviluppato un rapporto emotivo con
esse. dimostra che questo settore della ricerca: in primo luogo ha
un'applicazione utile e immediata; in secondo luogo è un campo da cui
possiamo ottenere dati piuttosto sicuri e dimostrare così a quanti
ostentano atteggiamenti critici nei confronti della psicoanalisi che
essa ha invece buoni motivi per affermarsi scientificamente; infine,
l'esperienza di un bambino che venga separato dalla madre ci fornisce un
esempio di un problema cruciale per la psicopatologia, cioè l'insorgere
di un conflitto talmente intenso che i normali mezzi usati per la sua
regolazione risultano distrutti. Sembra ormai certo che se la
separazione dalla madre quando ha già sviluppato un rapporto emotivo con
lei può essere così dannosa per lo sviluppo della personalità del
bambino è proprio a causa delle esigenze libidiche e dell'odio scatenati
dalla separazione. Per alcuni anni abbiamo avuto modo di renderci conto
dell'intensa inquietudine e agitazione che tanti bambini manifestano
allorché entrano in un ospedale o in un asilo residenziale, e del modo
in cui, più tardi, quando le loro sensazioni si sono calmate con il
ritorno a casa, si aggrappano e seguono disperatamente le loro madri.
L'aumento d'intensità delle loro richieste libidiche non richiede
spiegazioni. Abbiamo inoltre rilevato come questi bambini rifiutino le
madri non appena le rivedono e di come rivolgano loro dure accuse per
averli abbandonati.
Anna Freud e Dorothy Burlingham hanno riportato molti esempi della
intensa ostilità diretta verso la figura più cara, desunti dai resoconti
delle Hampstead Nurseries durante la guerra. Un esempio particolarmente
illuminante è quello di Reggie che, all'infuori di un intervallo di due
mesi, ha passato l'intera vita in un asilo-nido residenziale, dall'età
di cinque mesi. Durante il suo soggiorno egli aveva allacciato "due
appassionate relazioni con due giovani infermiere che si presero cura di
lui in periodi diversi. Il secondo legame fu improvvisamente rotto a
due anni e otto mesi quando la "sua" infermiera si sposò. Il bambino fu
colto dallo smarrimento e dalla disperazione per la sua partenza e si
rifiutò di guardarla quando tornò a fargli visita due settimane più
tardi. Voltava la testa dall'altra parte quando essa gli parlava, ma
fissò a lungo la porta che, uscendo dalla stanza, la donna aveva chiuso
dietro di sé. La sera, quando era già a letto, Reggie balzò a sedere ed
esclamò: " La mia Mary Ann! Ma io non le voglio bene" (Burlingharn e
Freud 1944:51). Esperienze come questa, soprattutto se ripetute,
generano la sensazione di non essere amato, abbandonato e rifiutato.
Sono questi i sentimenti espressi nelle poesie tragicomiche di un
bambino delinquente di undici anni a cui era morta la madre quando aveva
quindici mesi, e che da quel momento in poi aveva sperimentato diversi
sostituti materni. Ecco una delle poesie (non so se originale o me-no)
che egli scrisse durante la terapia con Yana Popper, che pare esprimere
quello che sentì come il motivo per cui era stato passato da una figura
materna all'altra:
Jumbo aveva un bambino vestito di verde,/ lo incartò e lo spedì alla Regina./ Alla Regina non piaceva perché era troppo grasso,/ allora lo tagliò a pezzi e lo dette alla gatta./ Alla gatta non piaceva perché era troppo magro,/ allora lo tagliò a pezzi e lo dette al Re./ Al Re non piaceva perché era troppo noioso,/ lo buttò dalla finestra e lo dette alla cornacchia.
Qualche tempo dopo, quando la terapeuta andò in vacanza, egli espresse la sua disperazione per non essere mai stato amato, con le parole di una canzoncina tradizionale:
Oh, piccolo caro, ti voglio bene;/ Oh, piccolo caro, non ci credo./ Se mi amassi davvero come dici,/ non te ne andresti in America e non mi lasceresti allo Zoo.
Non è sorprendente che una disperazione così intensa sia accompagnata daun odio di egual entità. Più arrivava ad affezionarsi alla terapeuta, più egli era, in line a cadere in preda a un odio violento che in qualche caso poteva diventare pericoloso. Era evidente che le ripetute separazioni vissute nei primi anni di vita avevano generato in questo raggzzo la tendenza a un'ambivalenza così intensa che il suo immaturo apparato psichico non era in grado di equilibrare armoniosamente, e che gli schemi patologici di regolazione messi in atto nella prima infanzia continuavano a persistere.
Un'ulteriore
prova di come la separazione dalla madre provochi nel bambino bisogni
libidici e odio intensi viene fornita dagli studi di Cristoph Henicke
(1956). Egli ha raffrontato le risposte di due gruppi di bambini di età
fra i quindici e i trenta mesi; un gruppo viveva in un asilo-nido
residenziale, l'altro in un asilo nido normale. Benchè entrambi i gruppi
mostrassero interesse a ritrovare i genitori da cui erano stati
separati, i bambini dell'asilo residenziale esprimevano questo desiderio
essenzialmente col pianto, in altre parole, più intensamente; inoltre,
erano sempre i bambini dell'asilo residenziale e non quelli dell'asilo
normale che mostravano la tendenza a comportarsi in un modo
violentemente ostile in svariate situazioni. Anche se il fatto che
l'ostilità sia inizialmente diretta verso i genitori assenti è solo una
deduzione, alcuni risultati di questo studio statistico sono conformi
all'ipotesi avanzata qualche anno fa (Bowlby 1944) secondo cui una delle
più importanti conseguenze della separazione madre-figlio sarebbe un
aumento del conflitto di ambivalenza.
Fino a questo punto, per capire cosa, nella prima infanzia, renda
difficile la regolazione dell'ambivalenza, abbiamo concentrato la nostra
attenzione su esperienze come la privazione di cure materne che genera
avidità libidica e odio che può raggiungere livelli particolarmente
alti. Naturalmente ci sono altri fattori oltre a questo che possono
generare una situazione. di disturbo. La vergogna e la paura, ad
esempio, possono anch'esse essere causa di grossi problemi. Niente aiuta
un bambino più del poter esprimere ostilità e gelosia in modo diretto e
spontaneo e nessun compito è più significativo, per un genitore, del
saper accettare con serenità espressioni di amore filiale come "Ti odio
mammina" o "Papà, sei una bestia". Lasciando che esprimano queste
esplosioni, dimostriamo ai nostri bambini che non abbiamo paura
dell'odio e che abbiamo fiducia nelle possibilità di controllarlo;
inoltre offriamo al bambino un'atmosfera indulgente in cui può essere
sviluppato il self-control.
Alcuni genitori pensano che i bambini debbano essere abituati a
considerare l'odio e la gelosia come qualcosa di pericoloso. I metodi
abituali per fare ciò sono due. Uno consiste nell'usare espressioni di
riprovazione; l' altro, che sfrutta il senso di colpa, è quello di
convincere il bambino della sua ingratitudine e di fargli notare la
sofferenza morale e fisica che il suo comportamento provoca ai suoi
devoti genitori. Sebbene entrambi i metodi siano volti ad ottenere un
controllo sugli impulsi negativi del bambino, l'esperienza clinica
dimostra che questi metodi non raggiungono il loro scopo e che generino
infelicità. Entrambi i metodi tendono a rendere il bambino pieno di
paura e di sensi di colpa nei confronti dei propri sentimenti,che
vengono interiorizzati rendendone cosi più difficile il controllo.
Entrambi possono sviluppare personalità difficili, il primo - la
punizione - ribelli e, se molto severa, anche delinquenti e il secondo -
la vergogna - nevrotici oppressi da angoscia e sensi di colpa. Per i
bambini: a lungo andare la tolleranza dell'opposizione dà frutti
vantaggiosi.
Non ci sono dubbi ormai riguardo all'ambito familiare: i bambini hanno
bisogno di affetto, sicurezza e tolleranza Tutto questo va bene,
potreste dire, ma è giusto non imporre nessuna frustrazione ai propri
figli e lasciarli fare ciò che vogliono? Tutti questi accorgimenti per
evitar frustrazioni, si potrebbe dire, porteranno solo a farli diventare
la barbara prole di genitori esautorati. Credo che questo sia un non
sequitur; ma dato che queste conclusioni sono così diffuse, vale la pena
di affrontarle appieno.
Frustrazioni veramente significative sono quelle che riguardano il
bisogno d'amore e di attenzione del bambino da parte dei genitori. Una
volta garantite queste necessità primarie le frustrazioni di altro tipo
hanno un'importanza marginale. Non che esse siano particolarmente
positive per il bambino. Di sicuro, una delle qualità di un buon
genitore è la capacità di distinguere le frustrazioni evitabili da
quelle inevitabili. Un'enorme quantità di irritazioni ed attriti dei
bambini e di irascibilità da parte dei genitori potrebbe essere evitata
con mezzi semplici come il presentare un giocattolo adatto prima
d'intervenire per togliergli la più preziosa porcellana della madre o il
metterlo a letto con metodi compiacenti invece di richiedergli
un'obbedienza immediata, o permettergli di scegliere la sua dieta e di
mangiare a modo suo, e anche, se la cosa gli fa piacere, di tenere un
biberon fino a due anni e più. L'irritazionene e il turbamento generati
dall'aspettarsi che i bambini si conformino al nostro modo personale di
concepire cosa come e quando debbano mangiare, inefficaci, abbiamo tanti
studi in proposito, che dimostrano l'efficacia con cui i bambini sono
in grado di regolare la propria alimentazione ed i vantaggi che a noi
derivano dall'adottare tali metodi (Davis 1939).
Ammetto che ci siano molte situazioni dell'educazione infantile, in cui
possono essere evitate delle frustrazioni senza inconvenienti per noi e
con benefici effetti per l'umore di tutti, mentre ce ne sono altre in
cui ciò non è possibile. Il fuoco è pericoloso, la porcellana è fragile,
l'inchiostro macchia i tappeti, i coltelli possono ferire altri bambini
o il bambino stesso. Come evitare queste disgrazie? La prima regola è
di sistemare la a casa in modo da evitare gli incendi e di fare in modo
che porcellane, inchiostro e coltelli ecc. non vengano lasciati alla
portata del bambino. La seconda è un amichevole ma deciso intervento.
Una politica di intervento deciso ma amichevole quando il bambino fa
qualcosa che non vogliamo, non solo crea meno amarezza delle punizioni
ma si rivela anche molto più efficace. Che la punizione sia un mezzo di
controllo efficace penso sia una delle grandi illusioni della civiltà
occidentale. Per i bambini più grandi e per gli adulti viene usata come
complemento ad altri metodi; nella prima infanzia, invece, è
sconsigliabile perchè genera rancore e angoscia, mali molto maggiori di
quelli che pretenderebbe di evitare.
Fortunatamente con neonati e bambini, che sono molto più piccoli di
noi, è facile adottare l'intervento amichevole; in casi di emergenza
possiamo afferrare il bambino e portarlo via di peso. D'altra parte ciò
esige la presenza costante dei genitori. I bambini imparano rapidamente
cosa ci fa piacere e cosa non desideriamo, ma non hanno una struttura
psichica tale da obbedire ai nostri desideri anche in nostra assenza.
Anche quando non si arrivi al punto di ridurre il bambino all'inerzia
per il terrore, i tentativi di imporre una disciplina ai bambini piccoli
sono destinati all'insuccesso e coloro che li intraprendono sono
destinati ad inevitabili frustrazioni. Come modello di pratica
dell'intervento deciso ma amichevole non c'è niente di meglio
dell'esperta maestra d'asilo, dalla quale i genitori possono imparare
molte cose.
Bisognerebbe notare che questa tecnica d'intervento amichevole, non
solo evita l'insorgere di collera e rancore, che seppur inconsci reputo
inscindibili dalla punizione, ma fornisce anche al bambino un modello
dei suoi conflitti . Ciò dimostra che la violenza, la gelosia e la
cupidigia possono essere frenate con mezzi pacifici e che non c'è
bisogno di ricorrere a quei drastici metodi di condanna e punizione, che
una volta fatti propri dal bambino tendono ad essere distorti dalla sua
immaginazione primitiva in patologici sensi di colpa e in crudeli
autopunizioni. Naturalmente questa è una tecnica basata sulla concezione
che seguendo Melanine Klein, Donald Winnicott ha indicato, secondo la
quale esiste, negli esseri umani il germe di un'innata moralità che, se
ha l'opportunità di essere sviluppata, fornisce alla personalità
infantile le basi emotive di un comportamento morale. E' questo un
concetto di cui la psicoanalisi rivela un ampia presenza nell'animo
umano, concetto secondo cui esisterebbe un'originale disponibilità per
gli altri o un originale bontà che, in circostanze favorevoli
riusciranno a divenire dominanti.
Problemi emotivi dei genitori
Finora abbiamo illustrato alcune delle condizioni dell'educazione
infantile che sembrano avere effetti positivi per un normale sviluppo
della capacità di regolare un conflitto. Vediamo adesso di prendere in
considerazione il problema dal punto di vista dei genitori.
Stiamo raccomandando ai genitori, si potrebbe giustamente chiedere, di
essere perennemente affettuosi, tolleranti e di attuare solamente un
affettuoso controllo? Naturalmente no. Anche noi genitori abbiamo la
nostra dose di irascibilità e gelosia e, che ci piaccia o no, esse
vengono fuori, consapevolmente o inconsapevolmente. Se la base generale
dei sentimenti e delle relazioni è buona, gli occasionali scappellotti o
scoppi d'ira non avranno gravi conseguenze. Ciò ha certamente il
vantaggio di alleggerire le nostre tensioni e di dimostrare ai bambini
che tutto sommato abbiamo le stesse difficoltà. Queste spontanee
espressioni di ciò che proviamo, seguite magari da scuse se siamo andati
unpo' più Jn là del dovuto, possono essere nettamente distinte dalle -
punizioni che contengono i presupposti formali di ciò che ' è bene e di
ciò che è male. Bernard Shaw dice a ragione che non bisogna colpire un
bambino se non a caldo.
Un
punto che coloro che non sono genitori dovranno tenere bene a mente è
che è sempre più semplice educare i figli degli altri che non i propri.
In virtù del vincolo affettivo che lega il bambino al genitore e il
genitore al bambino, i bambini tendono sempre a comportarsi in modo più
infantile con i genitori che con le altre persone. La presenza del padre
o della madre provoca inevitabilmente reazioni primitive e turbolente
che altre persone non provocano. Ciò accade anche nel mondo degli
uccelli. I piccoli fringuellidi, ormai in grado di nutrirsi
autonomamente, iniziano a richiedere cibo in modo infantile non appena
avvertono la presenza dei genitori.
Alcuni errori nascono dall'ignoranza, ma forse la maggior parte è
causata dai problemi emotivi inconsci sorti nella nostra stessa
infanzia. Anche se l'osservazione dei bambini a livello clinico sembra
indicare in alcuni casi l'origine dei disturbi infantili nella ignoranza
dei genitori di fattori come gli effetti patologici della mancanza di
cure materne o di punizioni premature ed eccessive, più frequentemente
si constata che il disturbi derivano problemi affettivi dei genitori,
problemi di cui sono solo in parte consapevoli e che non riescono a
controllare. L'insuccesso di molti genitori che seguono "concetti
psicologici" per cavarsela meglio con i figli ha indotto i cinici a
criticare i concetti psicologici. Ma non è importante solo imparare cosa
fare, ma anche "come" farlo. Un'alimentazione che rispetta , le
esigenze deI bambino ma offerta da una madre ansiosa ed ambivalente
causerà probabilmente più problemi di un'alimentazione a orari fissi ma
offerta da una persona rilassata e serena. Lo stesso vale per
l'insegnamento delle abitudini igieniche secondo i metodi più moderni
invece che secondo quelli tradizionali.
Questo non significa che i metodi moderni non siano migliori, ma
piuttosto che essi rappresentano solo una parte di ciò che è veramente
importante, e inoltre che gli esseri umani fin dall' infanzia sono
sensibili agli atteggiamenti emotivi di chi gli sta che a qualsiasi
altra cosa.
I bambini piccoli sono attenti al significato del tono di voce dei
gesti e delle espressioni facciali che non gli adulti e fin dalla prima
infanzia sono particolarmente sensibili al modo in cui vengono trattati.
Si veda, ad esempio, il resoconto di Stewart e altri (1954) sui bambini
che piangono troppo. Essi scoprirono che il pianto è una reazione alla
difficoltà delle madre di trattarli in modo adeguato. Esemplificativo è
il caso clinico di una madre molto ansiosa che racconta di aver scoperto
che il suo bambino di diciotto mesi, di cui si lamenta perché
piagnucola e le sta troppo appiccicato, reagisce in modo completamente
diverso a seconda di come lei esce dalla stanza. Se balza in piedi e si
precipita a togliere dal fuoco una casseruola che sta traboccando, il
piccolo piange e vuole che lei ritorni. Se invece lascia la stanza
tranquillamente, il bambino quasi non nota la sua uscita.
Oltre che dalla comprensione intellettuale, il modo giusto per allevare
un bambino nasce dalla sensibilità della madre alle reazioni del figlio
e dalla sua capacità di adeguare intuitivamente il proprio,
comportamento alle necessità del bambino.
Bisogna tener conto dell'origine inconscia di questi atteggiamenti
negativi. Così troppo spesso accade che i genitori che sbagliano siano
soggetti a un misto di critiche e consigli, entrambi assolutamente
inutili e inefficaci. Un approccio psicoanalitico permette di far luce
sull'origine dei problemi dei genitori e dà la possibilità di venire in
loro aiuto in modo razionale. Non vi sorprenderà certo scoprire che
molte delle
difficoltà dei genitori nascono dalla loro incapacità di regolare
l'ambivalenza. Il fatto di avere un figlio scatena una serie di cariche
emotive intense, come quelle che legano il bambino piccolo alla madre o
gli innamorati tra loro. Nella madre, in particolare, nasce lo stesso
desiderio. di possesso totale, la stessa abnegazione, lo stesso
interesse unico ed esclusivo. Ma, sfortunatamente, a queste splendide
sensazioni si associa troppo spesso un insieme di risentimento e anche
di odio. L'intrusione dell'ostilità nei sentimenti del padre e della
madre per il figlio è realtà, sia per i genitori che per il bambino.
Appare evidente che le sensazioni che nascono in noi quando si diventa
genitori hanno molte cose in comune con le sensazioni che provavamo da
bambini per i nostri stessi genitori e fratelli. Una madre che abbia
sofferto per la mancanza di cure materne può sentire, se non è divenuta
incapace di provare affetto, un intenso bisogno di avere l'amore di suo
figlio e può fare di tutto pur di ottenerlo. Un genitore che era a suo
tempo geloso del fratellino minore può arrivare a nutrire un'irrazionale
ostilità nei confronti del nuovo "piccolo intruso" che è entrato a far
parte della famiglia e questo atteggiamento è particolarmente comune nei
padri. Il genitore il cui amore per la madre si incrociava,con
l'ostilità per i suoi modi di richiederlo, può arrivare a provare
irritazione e odio per le richieste del bambino.
Il problema non è semplicemente il ripresentarsi di antiche sensazioni -
forse queste sensazioni sono in qualche misura presenti in ogni
genitore - ma l'incapacità del genitore di tollerarle e regolarle.
Coloro che nell'infanzia hanno sperimentato una forte ambivalenza verso i
genitori o i fratelli e che hanno fatto inconsapevolmente ricorso ad
uno dei molti mezzi primitivi di risoluzione del conflitto di cui ho
parlato in precedenza: repressione, spostamento, proiezione e così via -
si trovano impreparati alla ricomparsa del conflitto nel momento in cui
divengono genitori. Invece di riconoscere l'effettiva natura delle
sensazioni provate verso il figlio ed agire di conseguenza, essi si
scoprono in preda a forze sconosciute e sconcertati dall'incapacità di
riuscire ad essere affettuosi e pazienti come desidererebbero. Il loro
problema è che la ricomparsa di bivalenti viene risolta con gli stessi
mezzi, primitivi e inefficaci fatto ricorso nella prima infanzia, quando
non erano in grado di ricorrere a metodi più adeguati Così la madre che
vive costantemente nell'ansia che il proprio bambino possa morire, non
si rende conto dell'esistenza in lei dell'impulso ad uccidere (esistono
diversi stati mentali che possono portare la madre a vivere nel timore
costante che il figlio muoia; l'inconscio desiderio di ucciderlo ne è
solo un esempio. Vi sono, fra gli altri, la precedente perdita di un
figlio, la perdita di un fratellino vissuta nell'infanzia e il
comportamento violento del padre del bambino) e adottando le medesime
soluzioni adottate nell'infanzia, probabilmente nei confronti dei
desideri di morte per la propria madre, lotta perennemente e inutilmente
per evitare ogni sorta di pericoli esterni, incidenti, malattie e
disattenzione delle altre persone. Il padre che soffre perché la moglie
viene monopolizzata dal bambino e che sostiene che tutte queste
attenzioni sono dannose, è inconsapevole di agire in base alla stessa
gelosia vissuta da piccolo alla nascita di un fratellino. Lo stesso vale
per la madre tesa ad impossessarsi dell'affetto del figlio, che,
attraverso il suo perenne sacrificarsi, cerca di fare in modo che il
bambino non abbia motivo di provare altri sentimenti che non siano
affetto e gratitudine. Questa madre, che a prima vista sembra così
affettuosa, inevitabilmente crea un forte risentimento nel figlio con le
sue richieste di amore, e allo stesso modo fa sorgere in lui dei sensi
di colpa col dichiarare che verso una madre così buona non è concepibile
nessun altro sentimento se non la gratitudine. Comportandosi in tal
modo ella è certo inconsapevole di essere degna dell'amore che non ebbe
mai quando era piccola. Vorrei ripetere che secondo me ciò che crea
problemi ai bambini non è semplicemente il fatto che i genitori siano
motivati a comportarsi nei modi accennati; ciò che genera difficoltà è
sia il fatto che i genitori ignorano i loro stessi moventi sia il loro
involontario ricorso alla repressione, alla razionalizzazione e alla
proiezione, per risolvere i propri conflitti.
Probabilmente niente è più. dannoso, per un rapporto del fatto che uno
attribuisce i propri errori all'altro, facendone un capro espiatorio.
Sfortunatamente i bambini, sono capri espiatori perfetti, dato che
manifestano così candidamente tutte le colpe a cui la natura umana è
soggetta: sono egoisti, invidiosi, provocatori, sporchi e facili alla
collera, all'ostinazione e all'ingordigia. Un genitore che si senta
fortemente in colpa per una di queste manchevolezze tenderà ad essere
irragionevolmente intollerante alla comparsa nel proprio figlio di uno
di questi difetti. Egli tormenterà il bambino nel vano tentativo di
estirpare il vizio. Bowlby riferisce di un padre che, tormentato per
tutta la vita dalla masturbazione, cercava di abolirla nel proprio
figlio facendogli la doccia fredda ogni volta che lo scopriva con le
mani sui genitali. Comportandosi in questo modo il genitore
intensificava il senso di colpa del bambino e la sua paura e odio per
l'autorità. Alcune delle relazioni più compromesse tra genitori e figli,
che provocano grossi problemi nei bambini, sono generate da genitori
che vedono la pagliuzza nell'occhio del figlio ma non la trave nel
proprio.
Chiunque, con un orientamento psicoanalitico, abbia lavorato a livello
clinico con dei bambini, non può fare a meno di essere colpito dalla
frequenza con cui questi ed analoghi problemi emotivi vengono
riscontrati nei genitori dei pazienti, o dalla misura in cui i problemi
dei genitori hanno provocato o esacerbato le difficoltà dei figli. Ciò
accade così di frequente in tanti casi clinici, che buona parte
dell'attenzione viene rivolta al tentativo di risolvere i problemi dei
genitori oltre che quelli dei figli. L'esperienza clinica ci dimostra
che un valido aiuto fornito ai genitori nei mesi critici Prima e dopo la
nascita del figlio e durante i suoi primi anni di vita può fare r ai
tarli a sviluppare quella affettuosa e comprensiva relazione col bambino
che pressoché tutti loro desiderano Sappiamo come nei primissimi anni
di vita del bambino, in cui senza che egli ne abbia consapevolezza
vengono poste le basi della sua personalità rappresentino un periodo,
critico, del suo sviluppo Allo stesso modo sembra che i primi mesi e
anni di vita del bambino siano un periodo critico anche madre e di un
padre.
Nella primissima fase parentale sentimenti dei genitori riappaiono più
accessibili che in altri periodi, un aiuto spesso è desiderato e ben
accetto e, poiché i rapporti familiari sono ancora elastici, esso
risulta efficace. Un aiuto relativamente piccolo, se competente e
fornito al momento giusto, può servire a molto. Se ciò è vero, la
famiglia rappresenterà allora il punto strategico per spezzare il
circolo vizioso per cui i bambini disturbati finiscono per diventare
genitori disturbati che a oro volta agiranno sui figli, cosicché la
generazione figli successiva svilupperà gli stessi disturbi o disturbi
simili. I vantaggi di un trattamento su un bambino molto piccolo ci sono
a questo punto ben noti; ora auspichiamo che anche i genitori ricevano
un aiuto appena "nati"!
Riconoscere che una delle principali ali cause li errori dei genitori
risiede nei sentimenti che essi nutrono per i figli, distorti da
conflitti inconsci originati nella loro stessa infanzia è strategico.
Conflitto intra-psichico ed extra-psichico
Il punto di vista sostenuto, si basa sulla convinzione che gran parte dei disturbi psichici e dell'infelicità sia-
no dovuti ad. ambientali su cui siamo in grado di intervenire e che
possiamo modificare. In psicoanalisi come pure in altre branche della
psichiatria, e sicuramente in tutte le scienze biologi che, il problema
dell'influenza esercitata rispettivamente dalla natura e dall'educazione
è costantemente discusso. Il nostro problema è riuscire a capire perché
un individuo cresca senza particolari difficoltà della vita pulsionale,
mentre un altro è tormentato da problemi di questo genere. Non vi sono
dubbi che sia le variazioni del patrimonio ereditario sia le influenze
ambientali giochino un ruolo di primaria importanza. Freud stesso
comunque, forse a causa della dimostrazione d'infondatezza della sua
prima ipotesi ambientale (inerente all'influenza della seduzione
infantile), fu particolarmente cauto nel chiamare in causa le variazioni
ambientali per spiegare i problemi dei suoi pazienti e in seguito parve
sempre più propenso a credere che le modificazioni ambientali potessero
solo in parte mitigare la forza del conflitto infantile. E' utile porre
in evidenza come, il conflitto extra-psichico, cioè tra i bisogni
infantili e le scarse possibilità di soddisfacimento di essi offerte
dall'ambiente. Tuttavia questo tipo di conflittualità ha un'importanza
limitata per lo sviluppo psichico.
L'importanza dell'ambiente esterno diventa rilevante nel momento in cui
le frustrazioni che ne derivano comportano lo sviluppo di un conflitto
intrapsichico di tipo e di dimensioni tali da non poter essere regolato
in modo soddisfacente dall'immaturo apparato psichico infantile. E' in
base a tali criteri che dovremmo valutare pregi e difetti dei metodi di
educazione infantile.
Attualmente non siamo in grado di capire come allevare un bambino senza
creargli disturbi emotivi. Dobbiamo superare problemi difficili quali
quelli causati dalle fantasie distorte del bambino e dal suo errato modo
di interpretare il mondo che lo circondano, ma non è tutto.
Con tutta probabilità, gli studi sulla motivazione nei bambini, e in
particolare lo studio del modo in cui -madre e figlio sviluppano la loro
intensa, relazione - di interesse cruciale per la psicoanalisi -
acquisteranno certamente in chiarezza e precisione dall'applicazione dei
concetti e dei metodi di ricerca derivati dagli studi della scuola la
europea, sul comportamento animale condotti da Lorenz e Tinbergen, e più
spesso noti come etologia.
In modo analogo, ci si può, aspettare che la teoria dell'apprendimento faccia luce sui processi di apprendimento che intervengono nei mesi e negli anni critici in cui si crea una nuova personalità. Tuttavia, anche se ritengo che tutti questi contributi saranno indispensabili, essi rimarranno infruttuosi se non verranno costantemente interpretati alla luce delle conoscenze ricavate da un intimo contatto con la vita emotiva di bambini, e genitori a livello clinico, usando metodi come quelli introdotti da Melanie Klein, Anna Freud ed altri analisti dell'infanzia.